Questo è solo un brevissimo estratto del libro, che mi è piaciuto davvero moltissimo. E' una delle parti che mi ha particolarmente colpito.
L'autore, malato di cancro, durante il lungo periodo in cui segue la terapia, decide di stare da solo, allontanando i familiari e modificando l'aspetto che l'aveva sempre contraddistinto.. ha così moltissimo tempo per riflettere sulla vita e sul modo di vivere della gente...
"...Agli inizi degli anni Trenta un avventuroso inglese di nome Paul Brunton fece
un lungo viaggio in India sulle tracce della sua sapienza che lui vedeva
minacciata dall'irresistibile avanzare della mentalità occidentale. Uno dei bei
personaggi che Brunton incontra è un vecchio yogi che nel corso della
conversazione gli dice: « Solo quando i sapienti occidentali rinunceranno a
inventare macchine che corrono più svelte di quelle che già avete e cominceranno
invece a guardare dentro di sé, la vostra razza scoprirà un po' di vera
felicità. Lei non crederà che il poter viaggiare sempre più velocemente renda la
vostra gente più felice? »
Sono passati più di settant'anni. Molti indiani son capaci ancora oggi di
porci quella stessa domanda. Ma noi ce la siamo mai posta?
Pare proprio di no, visto che il correre sempre più velocemente è diventato
il nostro modo di essere. Tutto è ormai una corsa. Si vive senza più fare
attenzione alla vita. Si dorme e non si fa caso a quel che si sogna. Si guarda
solo la sveglia. Siamo interessati solo al tempo che passa, a farlo passare,
rimandando al poi quel che si vorrebbe davvero. Sul «poi », non sull'«ora», si
concentra l'attenzione. Nelle città in particolare la vita passa senza un solo
momento di riflessione, senza un solo momento di quiete che bilanci la continua
corsa al fare. Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi,
di inorridirsi, di commuoversi, di innamorarsi, di stare con se stessi. Le scuse
per non fermarsi a chiederci se questo correre ci fa più felici sono migliaia e,
se non ci sono, siamo bravissimi a inventarle....."